Ho aspettato un po’ per raccontare l’esperienza del mio primo Ironman 70.3.

Ho aspettato perché a caldo certe sensazioni non si assaporano fino in fondo. Forse nemmeno dopo 20 giorni. Forse ho solo la tranquillità di ripensare e buttare giù poche parole per descrivere luoghi, persone, fatiche ed emozioni.

Ho iniziato solo quest’anno a praticare questo sport meraviglioso.

A luglio dell’anno scorso un’amico mi ha parlato per la prima volta di IM 70.3. Non sapevo cosa fosse. Ricordo che quella sera tornai a casa e IPAD alla mano cercai siti, video e racconti. Tempo una settimana e presi la decisione: Farò un IM 70.3. Nel 2016, ma intanto iniziamo a lavorare. A settembre 2014 il corso di nuoto per “imparare†a nuotare, a marzo di quest’anno l’acquisto della mia prima bici da strada. Ma soprattutto l’iscrizione all’SBR3Triathlon.

Una stagione per iniziare con 3 Sprint e prendere confidenza con la multidisciplina.

Ma io volevo la sfida più bella. Un Ironman 70.3.

E durante quella pizzata SBR estiva, quelle parole.

Ale e Fede, neo conquistatori del IM70.3 di Pescara: “iscriviti e allenati. Ce la faraiâ€.

Un pomeriggio su internet, quel tasto “Registerâ€, un click e via, iscritto! Un anno prima del previsto.

Così inizia il mio vero IM70.3. Da quel giorno cambia tutto. Entra in me un’energia indescrivibile. Trovo quelle motivazioni per alzarmi presto la mattina per correre a piedi o in bici, per organizzarmi 2 allenamenti al giorno anche in vacanza e per superare i limiti del mio corpo e della mia testa. E non far pesare il tutto su lavoro e famiglia. Forse oggi il ricordo più bello sono proprio questi giorni di lavoro, sulle gambe e sulle braccia e soprattutto sulla testa.

Alterno sensazioni positive ad altre meno positive. Intanto la data si avvicina. A inizio settembre il mio primo Olimpico a Grado.

E così velocemente arriva la vigilia.

Si parte. Si arriva a Pola. Pranzo con i compagni di avventura, breifing gara, disbrigo delle formalità di registrazione, preparazione sacche e….la tensione è a mille.

Serata in compagnia con i miei“compari†SBR e poi nanna.

E’ il 20 settembre. E’ il giorno tanto sognato, voluto, cercato.

Ultima gonfiatina alle ruote della bici, muta addosso. Si parte!

Entro in acqua senza riscaldamento, non c’era stato il tempo. Sono nel 4° gruppo, alla fine.

Non ho molte persone accanto, mi tuffo, l’acqua è bellissima ed ha una temperatura ideale, con la muta si sta benissimo, anche se la spalla sinistra comincia a farmi un po’ male. Cerco di lavorare

più con la destra, ci sono 1.900 mt da nuotare. Trovo il ritmo quasi subito, non voglio strafare, so che posso arrivare con il mio ritmo senza consumare troppe energie. C’è vento che soffia verso il mare e faccio fatica a vedere la prima boa. Seguo gli atleti ai miei lati, vedo una boa gialla dritta a me. Poi perdo l’orientamento, la boa è più a destra. Cavolo, ancora un errore di direzione! Azz! Vabbè, Calma e cerco di rientrare sulla scia di destra (solo al termine scoprirò che non ero stato io a sbagliare ma la boa si era sdoppiata portando me ed altri atleti fuori traiettoria).

Passo la prima boa ed è un sollievo. Tiro verso la seconda con più attenzione alla direzione, non posso più sbagliare. Arrivo alla seconda senza problemi. Ormai il ritmo c’è e non sento la fatica. Anche la spalla sinistra sta meglio e spinge. Obiettivo riva. Respiro sempre alla mia sinistra, ogni due bracciate, giusto dove arrivano le onde! Respiro aria e ogni tanto anche acqua salata. Amen. Ritmo! Avanti tutta e quando il fondale inizia a schiarire e si vedono rocce, pesci e sabbia, percepisco la prima emozione. Il nuoto è andato! Sì!

Esco dall’acqua, sento la fatica ma la testa è tutta sui pedali.

Prendo la sacca blu, entro nel tendone e mi cambio. La muta è sempre dura da levare. Qualche imprecazione vola! Esco e corro a prendere la bici. Mi sento bene, consumo un primo gel, esco dal T1 e via, si pedala.

Venti giorni prima avevo provato il percorso ma non c’era tutto questo vento.

Il vento in effetti si fa sentire da subito. Anche nei tratti in discesa il vento frena. Un po’ mi preoccupa, avevo sempre pensato sfruttare le discese per recuperare energie. Pedalo meno bene di come mi attendevo. Però conosco il percorso e alcuni passaggi li passo con disinvoltura. Bevo e mangio con cadenza regolare. Le gambe girano, non forte ma non mi danno problemi. Passo il primo ristoro e l’acqua fresca è un’autentica libidine.

Sono al 45° km e la sfiga arriva! Ruota anteriore forata! Azz! E zò de bestemoni!

Scendo e in circa 8 minuti riesco a cambiare la camera d’aria, gonfiarla alla meno peggio e ripartire.

Sono soddisfatto di non aver ceduto di fronte al primo vero intoppo. Ma la soddisfazione dura poco più di 10 km.

La gomma anteriore è ancora a terra! Azzzzzzzz! Altra rata de bestemoni!

Ho solo la bomboletta ripara e gonfia. Non l’ho mai usata. Non ho alternative.

Sparo la bomboletta! Schiuma bianca ovunque! E non dovevo farmi la barba! Funziona? Non funziona? Sembra di sì.

La gomma mi sembra riparata ma non del tutto gonfia. Uso la pompetta. Non serve a nulla.

Decido di risalire in bici e di procedere, di lì a pochi km c’è il secondo ristoro.

Temevo di dover affrontare gli ultimi 30 km per lo più in discesa con la ruota sgonfia.

Arriva anche un po’ di fortuna. Al ristoro c’è il punto assistenza meccanica.

Mi fermo e tempo un minuto sono di nuovo in sella con la ruota a 8 atm!

Inizia il lungo tratto in discesa, comincio a riprendere le bici che mi avevano superato da fermo, supero i 60-65 km/h, sono incazzato ma anche contento di non essermi arreso ed averla vinta. Non penso più all’economia della gara ma solo a fare al meglio gli ultimi 30 km.

La ruota tiene. E l’uomo anche!

Mancano pochi km al T2. E sento dentro di me salire l’emozione e le lacrime di felicità. Ma le stoppo subito. La gara non è finita. C’è ancora una mezza maratona da fare.

Arrivo al T2.

Mi cambio velocemente ma devo fermarmi per un “cambio d’olio†fisiologico! Me la tenevo da inizio gara!

E via di corsa! I primi km li percorro bene, a 4.45, mi sento bene ma la testa mi dice di frenare.

Penso alle parole del coach Fabio “Anche se ti senti bene, frustati e controllati!â€. Così decido di rallentare il ritmo. Prudenza. Più corro e più mi sento bene. La fatica si fa sentire, indubbiamente. E così l’emozione e le lacrime si fanno sentire nuovamente. No! Ferme. Non è finita. Freddezza! E corro rallentando ancora un po’. E’ il mio primo 70.3 e non so se dietro l’angolo c’è la fantomatica crisi.

Primo giro e primo polsino. Secondo giro e secondo polsino. E poi il terzo e ultimo. Incrocio i miei compagni di squadra. Dialogo con loro con poche parole che sono per me energia pura.

Arrivo in centro a Pola, di lì a poco devo tenere la destra per entrare in Arena.

Salto l’ultimo ristoro.

Arriva il bivio.

Piccola rampa ed entro.

Un tappeto nero e rosso che porta sotto l’arco con il cronometro e quella scritta “IRONMAN 70.3 PULAâ€. Sì, la Finish line!

Un urlo e le braccia al cielo.

Ce l’ho fatta!

Non ho lacrime.

Le avevo stoppate tutte. Mi sento leggero. Di ferro dentro ma leggero.
E finalmente la medaglia più bella al collo.
E’ mia. Tutta mia.

 

 

E’ con la serenità dei giorni a seguire che invece sento che quella medaglia non è tutta mia.

Tante persone, amici veri, sono parte di questo traguardo. Ci sono momenti di quest’avventura che non dimenticherò mai.

Uno scambio di messaggi dopo l’iscrizione e l’invito ad una birra insieme. Per parlare di come affrontare la preparazione e la gara. Senza pregiudizi sull’esperienza e sulla preparazione preesistente. Un coach sì ma una persona speciale. Non ho chiesto nulla ed ho ricevuto tanto. Le sue parole sono sempre state in ogni istante il “verboâ€. Grazie Fabio.

Un incontro in piscina a Noale. E l’inizio di un’intensa estate di allenamenti insieme. Mattia, un compagno di squadra, un motivatore, uno stimolo continuo. Sempre con il sorriso. Lì nelle acque di Pola ho sentito tutte le energie prodotte con i suoi allenamenti in piscina.

E poi la perseveranza e la tenacia degli amici della palestra, My Iron Personal Tutor! Persone speciali che mi hanno aiutato nella parte più difficile, l’approccio mentale. Mental training si dice. Già, fasi alterne, difficoltà, debolezze latenti ma con l’efficacia di poche parole magiche e qualche pedata in culo, la testa è arrivata pronta. Grazie.

L’amicizia di chi è stato al mio fianco nei 2 giorni a Pola. Ale e Fede, in primis per avermi dato quella spintina ad iscrivermi. E con loro altri nuovi amici, compagni SBR, persone semplici e atleti con la A maiuscola. Li ho conosciuti di più e con loro mi sono divertito tanto, ho riso per due giorni e mi sono sempre sentito in un certo sento “protettoâ€. Mi sono sentito parte di un mondo nuovo e di un qualcosa che va oltre il semplice concetto di squadra.

Gli sguardi e le parole, le vibrazioni condivise e le pacche sulle spalle, la sincerità e la semplicità dello sport nella sua essenza.

Questo è stato il mio IRONMAN 70.3 a Pola.

 

  1. Foto del profilo di Fede
    Fede says:

    Grande Ale, bell’articolo e grande impresa.
    L’incoscenza che amo.
    Per quanto mi riguarda è stato un privilegio essere stato parte della tua scelta.
    Il sopralluogo col pazzo Max e il veloce ascolano è stato una gita anche più bella della gara.
    Hai la mia più incondizionata ammirazione.
    …e ne avrai anche di più se accetterai ulteriori sfide…sai cosa intendo…
    Vediamo se l’uomo c’è veramente!!
    Nel frattempo, un abbraccio sincero
    Fede

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