Prosegue il nostro spazio “semi” serio, in cui a turno avrete la possibilità di presentarvi, raccontarvi ai vostri compagni!

Questo mese è il turno di Lorenzo “Warrior” Guerrieri… triathleta poliedrico diviso tra triathlon di varie distanze, uscite ciclistiche vintage e che quest’inverno si preparerĂ  ad una nuova grande sfida! Buona lettura!

Come hai conosciuto SBR3Athlon?!

Le passioni che ho e che ho avuto e che hanno caratterizzato la mia vita non sono mai partite da me, mi vengono sempre proposte dai miei amici, io sarei uno che all’inizio si tira sempre indietro ma quando parto non mi fermo più finché non arrivo in cima.

Vale anche per il triathlon.

Un giorno del 2010 il mio amico Daniele Donò mi disse che aveva fatto un triathlon al Lido da amatore e che si era divertito e mi aveva chiesto di partecipare l’anno successivo a questa gara. Abbiamo iniziato ad allenarci assieme presso la palestra Virgin di Mestre come veri “dilettanti allo sbaraglio” partecipando prima ad un aquathlon promozionale alle piscine di Noale nell’estate del 2010 e l’anno successivo ai triathlon sprint del Lido e di Jesolo con tempi anche decenti. Poi, per fortuna, abbiamo sentito che si stava formando una squadra di Triathlon e ci siamo subito informati ed iscritti. Erala SBR3ATHLON!

Facciamo un passo indietro, come sei finito a fare triathlon? Riassumici il tuo percorso sportivo, anzi multisportivo! 

Il mio percorso sportivo è simile a quello di molti ragazzini degli anni 70…all’inizio corse campestri domenicali e gioco del calcio come terzino destro della Polisportiva Olimpia prima come “pulcino” e poi come “allievo”.

I miei genitori mi hanno subito buttato in acqua a tre anni e dopo il calcio ho giocato da adolescente a pallanuoto conla Mestrinanuoto assieme a Stefano Rossi.

Mi ricordo gli allenamenti massacranti e il sacrificio di allenarsi durante i mondiali dell’82 mentre era in corso la partita Italia-Argentina: piangievamo dai dolori agli addominali per le centinaia di crunch fatti all’aperto ascoltando la partita per radio. Poi a 15 anni la scuola superiore e gli impegni in varie associazioni sociali mi hanno fatto smettere, avevo anche iniziato a fumare! Poi poco o niente, qualche giro in bici e qualche corsetta ma mai finalizzate a qualcosa.

Qual è stata la tua prima gara di triathlon? Che ricordo hai?

La mia prima gara di triathlon, come molti di noi, è stata il triathlon sprint del Lido di Venezia. Credo sia una bella gara per iniziare a fare triathlon…perché si parte uno alla volta, la laguna non è il mare e le frazioni bici e corsa sono piatte.

Oggi alla partenza del nuoto sono molto più calmo, probabilmente l’abitudine e l’allenamento aiutano, ma quella volta ero molto agitato e la mia prima muta era un copertone d’auto che mi stringeva tutto il corpo e in maniera particolare la gola. Sembrava che qualcuno mi tenesse le mani attorno al collo! Appena partito sono stato preso dalla paura di non finire la frazione nuoto e mi sono attaccato alla prima “briccola” che ho trovato, mi si è avvicinato un ragazzo con la canoa e a lui ho detto: se mi segui io vado! Mi ha seguito per un pezzo poi sono riuscito a prendere il ritmo e sono andato.

Ho cambiato subito muta.

Fino ad ora qual’è stato il tuo traguardo più emozionante e quale il più soddisfacente?

Ce ne sono stati sicuramente più d’uno ma essendo l’ultimo disputato ed essendo l’emozione ancora viva dico Marsiglia, un olimpico del circuito Ironman. Non ero mai partito in una gara alle sette di mattina. Sveglia all’alba, sai che quando metti giù il piede dal letto hai deciso che fra poco sei in acqua a faticare e decidere di alzarsi è sempre una scelta.

Ma quando arrivi in zona cambio e vedi un sacco di gente matta come te che inizia a spalmarsi di vasellina e a posizionare bici cambia tutto. Sai che fare un triathlon non è mai una passeggiata ma quando arrivi al traguardo e alzi le mani al cielo e la gente ti applaude e ti scambi le impressioni con i tuoi compagni di avventura tutto questo ti fa dimenticare la sofferenza e ti spinge ad affrontare già la prossima gara. Emozione pura. Poi se il risultato è buono è ancora più bello!

 Svelaci i tuoi punti forti e..ammetti i punti deboli (ne hai?)

Io credo che, in generale, ogni triatleta sia più forte nello sport che ha praticato da ragazzino. Io ho praticato il nuoto. Ero pallanuotista e sicuramente questo mi aiuta nella frazione nuoto. E’ vero comunque che bisogna allenarsi, non basta la tecnica. Nuotare bene nel triathlon con scia è strategico, in quello senza scia aiuta a non essere già morto quando esci dall’acqua. Nella corsa probabilmente il fisico mi aiuta, vedo che con un giusto allenamento e una giusta nutrizione sto migliorando anche se l’età credo sia ormai un ostacolo all’aumento delle mie capacità corsaiole.

Il mio punto debole è la bicicletta, fisicamente sarei più uno scalatore ma quest’anno, pensando che il 70.3 di Rimini fosse un piattone, mi sono allenato di più come passista. Poi ho scoperto invece che c’erano circa mille metri di dislivello! Quindi non sono forte ne come scalatore ne come passista.

Abbiamo visto ottimi risultati nella prima parte di stagione spesso davanti a tutti ….quali sono i tuoi obiettivi di quest’anno?

Si, sono migliorato rispetto le stagioni passate, questo è dovuto all’allenamento che non faccio più a casaccio grazie alla fortuna di aver incontrato Ivone Favaretto, un giovane triatleta che ha deciso di mettere a disposizione il suo tempo per far crescere un gruppo di atleti non più “giovanissimi”. Poi spesso ci alleniamo con ragazzi giovani che sono da stimolo a fare meglio. Si diverte lui a fare questo esperimento e noi a fare le cavie!

Ormai di gare ne sono rimaste poche, ho completato l’olimpico di Grado e quello di Jesolo sperando di migliorare il mio personale, ma non sono riuscito a fare il 70.3 di Pola per problemi di lavoro.

Però come ho detto all’inizio di questa intervista io quando parto cerco di arrivare in cima e quindi l’obiettivo si sposta al  prossimo anno. La data è il 5 giugno 2016 il Challenge che si svolgerà a Venezia, mi sono già iscritto.

Prova a sognare la tua gara ideale!

Non so se esiste una gara ideale. La gara ideale è quella che quando la fai non hai dolori, che quando vuoi raggiungere qualcuno riesci a farlo, quella dove il tuo fisico risponde agli input del tuo cervello, insomma quella che va tutto come deve andare.

Non-solo-triathlon. Oltre alla triplice, vuoi svelarci delle altre passioni?

In effetti sono uno che di cose nella vita ne ha fatte molte, ma tutte contraddistinte da una presenza fissa: Il palcoscenico.
Politica nel movimento studentesco parlando dai teatri e dai cinema quando ero studente, poi insegnante di latino americano oltre che direttore artistico di molti locali del Veneto, attore di teatro e la mia professione di architetto che mi vede spesso come docente.
Passioni che, quando appenderò la muta, la bici e le scarpe da corsa al chiodo, riprenderò.

Ma forse me ne farò venire delle altre!

Cosa ti piace della nostra squadra, in cosa pensi potremmo migliorare?

La SBR3ATHLON è un squadra che da’ un’immagine di sé di freschezza, spensieratezza e divertimento, lo spirito giusto per fare avvicinare molte persone a questa fantastica disciplina che deve essere fatta in compagnia anche se è uno sport individuale. Ovviamente una squadra è fatta di persone, siamo tanti ormai e non credo sia facile gestire tutto perfettamente ma il presidente che abbiamo è bravo a guidarla. Sinceramente non saprei cosa migliorare.

Anche quest’anno abbiamo tanti apprendisti e tante apprendiste.. cosa consiglieresti a chi vuole cominciare?

Per chi incomincia da zero o quasi dico che ci vuole pazienza e un po’ di sacrificio.

Ho visto me stesso ed altri ragazzi iniziare questo sport ed essere molto contenti perché da subito vedi che il tuo fisico migliora e che migliorano di conseguenza le prestazioni. Poi però dopo, ci si rompe, ci si infiamma e ci si ritrova ad avere dolori e magari si abbandona.

Il triathlon non si può improvvisare e bisogna andare con gradualità se si vuole praticarlo per più tempo.

E’ assurdo correre una sola volta alla settimana e fare dieci chilometri magari senza riscaldamento. Il giorno dopo sei infiammato e dolorante e non essendo noi professionisti l’infiammazione si cronicizza e poi abbandoniamo o spendiamo un sacco di soldi per terapie per guarire. Credo sia utile chiedere consigli a chi lo fa da più anni e che ci è passato prima di te. Mi hanno sempre detto che bisogna abituare non solo la testa a soffrire ed a resistere ma anche il corpo. Credo sia vero verificandolo su me stesso.

Bisogna avere una progressione negli obiettivi da raggiungere e di conseguenza va calibrato l’allenamento. E dico anche che bisogna curare l’alimentazione e l’idratazione.

Poi per chi è giovane e magari già un campione in qualche specialità il problema non si pone.

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