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  • Foto del profilo di Jack Jack ha detto 13 anni, 4 mesi fa:

    Per diventare allenatori di sé stessi il primo esame da superare è la scelta di un programma compatibile con la propria situazione sportiva. Sembrerebbe una prova banale, ma in realtà rappresenta il passo più difficile da compiere, forse il più importante.
    I principali errori dell’atleta che non ha ancora una piena coscienza sportiva sono:

    1) La fusione dei programmi – È sicuramente l’errore più grave. Prendere da tutti un po’ è strategia che può essere valida in alcuni campi, ma sicuramente non paga nella teoria dell’allenamento. Alla base dell’errore c’è l’ignoranza di un concetto fondamentale: qualunque programma di allenamento produce stimoli che, perché possano essere positivi, devono armonizzarsi (in termini più tecnici, essere in fase) per produrre il massimo risultato. Con un’analogia, chi fonde programmi è come chi, da una decina di spartiti di grandi opere musicali, pretendesse di costruire un capolavoro scegliendo a caso 10″ di esecuzione da ogni opera.
    Ogni allenatore che stila un programma d’allenamento sa benissimo che le varie sedute devono essere legate da un filo logico e tutto il programma persegue l’incremento dei valori fisiologici dell’atleta secondo una razionalità che, se stravolta, produce solo confusione.
    Non a caso, diversi programmi possono ottenere lo stesso buon risultato sullo stesso atleta proprio perché entrambi sono “sensati”. Questo è tanto più vero quanto più il livello dell’atleta è basso. Per cui se non siete campioni olimpici, cercate di seguire al meglio un programma normale piuttosto che mischiarne diversi per raggiungere prestazioni da sogno.
    L’esempio classico dell’errore di fusione riguarda l’inserimento della seduta magica, cioè quella seduta che da sola dovrebbe apportare benefici enormi. Spesso è una seduta d’allenamento copiata dai programmi di un campione, adattata nei ritmi o nelle quantità. Premesso che questo adattamento non è affatto facile, il più delle volte tale seduta non si armonizza minimamente con quello che si sta facendo, risultando solo uno stimolo in controtendenza.

    2) La variazione quantitativa – Di solito si tratta di una forte riduzione del chilometraggio, ottenuta, più che riducendo la lunghezza della singola seduta, con la riduzione del numero di sedute settimanali. Se apportata correttamente può essere un ritocco compatibile con le finalità del programma e lo è quanto più l’atleta è allenato. Infatti gli studi di Hickson hanno dimostrato che per l’atleta allenato, fra frequenza (numero di sedute settimanali), durata e intensità dell’allenamento, il parametro più importante è sicuramente l’intensità. Per cui un amatore con un buon grado di preparazione può per esempio scegliere un programma su sei giorni alla settimana, riducendolo a quattro, eliminando le due sedute meno impegnative.
    Per il principiante questa regola di eliminazione è molto meno valida perché non è ancora in grado di reggere le sedute più intense senza una sufficiente base aerobica e nello stesso tempo l’eliminazione dal programma delle sedute di qualità probabilmente lo snaturerebbe completamente. Quindi un soggetto non molto allenato dovrebbe astenersi dall’eseguire variazioni quantitative e orientarsi a un programma già in partenza fattibile.

    3) La variazione qualitativa – A differenza della variazione quantitativa, quella qualitativa è spesso in senso maggiorativo: l’atleta percepisce il programma come troppo facile e lo rende più “duro”. Ho notato che questo accade soprattutto quando il programma ha una notevole parte aerobica (corsa lenta) che “annoia” il runner che è portato a trasformare molte sedute di corsa lenta in progressivi o addirittura in medi, soprattutto se è ancora nella fase di netto miglioramento atletico per una carriera ancora giovane. La fretta di bruciare i tempi, di centrare obbiettivi, l’esaltazione per i facili progressi portano a sottostimare il carico complessivo del programma. Finché la crescita atletica supporta questa strategia sembra che tutto fili per il meglio, ma non appena l’atleta si avvicina al suo limite fisiologico ecco che l’eccessiva variazione qualitativa si trasforma da stimolo allenante in stimolo affaticante e la prestazione comincia a peggiorare. Il grave è che di solito il runner non si accorge dell’errore e attribuisce ad altri fattori lo stato di forma scadente, perseverando (anzi, alcune volte accentuandolo) nell’errore di variazione qualitativa.

    4) La grandezza di riferimento – Ogni programma che si rispetti si basa su una grandezza di riferimento, il parametro su cui è basata la descrizione qualitativa degli allenamenti. Per esempio io sono solito usare il ritmo gara (RG) della distanza alla quale il programma è rivolto. Dal ritmo gara deduco la velocità del fondo lento (per esempio RG+40″), del fondo medio (per esempio RG+20″), delle ripetute (per esempio RG-5″) ecc. Altri allenatori usano la frequenza cardiaca (per esempio 90% della FCMax) oppure la SAN (soglia anaerobica, per esempio 90% della SAN). In teoria si possono usare infinite grandezze di riferimento (alcune anche semplicemente descrittive, basate sulle sensazioni che si provano durante la corsa). Non è fra gli scopi di questo articolo valutare quale siano le più adatte; ogni allenatore ha sicuramente delle ragioni da vendere nel proporre le proprie.
    È però fondamentale che l’atleta “capisca” la grandezza che usa e non si limiti semplicemente a usare il programma con la descrizione delle sedute. Con un’analogia sarebbe come comprare un vestito senza aver capito quanto costa. Un test banale consiste nell’esaminare una seduta di ripetute. Se capite il grado di difficoltà che la seduta rappresenta per voi in questo momento, allora avete “capito” l’unità di misura su cui si fonda tutto il programma.
    Supponiamo che un programma parli di ripetute sui 1000 m da corrersi a una velocità che è il 103% della SAN. Se l’atleta non sa quant’è la sua SAN attuale, non ha modo di eseguire un test attendibile per valutarla ecc. è abbastanza utopistico che riesca a capire il programma d’allenamento. Quello che accadrà è che chiederà a un amico, effettuerà un test approssimativo per la determinazione della SAN o consulterà tabelle per determinarla magari in relazione al suo record, cioè al suo valore massimo e non a quello attuale. Il risultato sarà una SAN approssimata magari di 300-400 m; se l’approssimazione sarà per eccesso, il programma risulterà molto duro con effetti devastanti quanto più il runner si ostinerà a seguirlo.
    Non a caso un qualunque programma di allenamento dovrebbe proporre al suo inizio uno starting test che dà all’atleta gli opportuni parametri di partenza tarati in base alla grandezza di riferimento che si userà poi per tutto il programma.

    5) Le condizioni al contorno – È necessario valutare anche le condizioni al contorno, cioè tutte quelle variabili che rendono operativo il programma: dal tempo a disposizione per ogni singola seduta alla disponibilità di una pista o di una palestra fino alla competenza richiesta per l’esecuzione dei singoli moduli. Se per esempio un programma è pesantemente basato su ripetute medio-lunghe in salita e il runner, vivendo in pianura, non ha a disposizione che un cavalcavia non è possibile sostituire una seduta di 8 km di fondo medio in salita con 20×100 m sul cavalcavia! Se il programma prevede molte ripetute in pista, non è possibile sostituirle con tratti in campagna dove le misure sono approssimative e soprattutto il fondo comporta continue variazioni di ritmo.
    Di fondamentale importanza è poi la comprensione della seduta. Tutti sanno che eseguire approssimativamente (cioè male!) esercizi di stretching, di flessibilità o di potenziamento può produrre più danni che vantaggi. Molti però si illudono di saper eseguire correttamente sedute molto impegnative. Si supponga di avere fra le mani un programma “rivoluzionario” per i 10000 m che proponga una seduta di qualità del genere:
    8x(400 m a RG rec. 200 m a RG+40) +8x(300 m a RG + 100 m a RG+40).
    La complessità del programma attirerà molti runner: “Finalmente qualcosa di nuovo! Sicuramente funziona!”. Appare subito evidente la necessità della pista. Supponiamo di averla a disposizione, dove sta il problema? Chi riesce a vederlo in una manciata di secondi è veramente molto bravo.
    Non è certo la difficoltà il punto dolente del programma. Infatti si tratta di percorrere 8 km di cui 5,6 al ritmo gara dei 10000 m. Se il ritmo gara è corretto, non dovrebbero esserci problemi, anzi, potrebbe risultare piuttosto facile.
    La difficoltà consiste nel fatto che se il runner non è un cronometro svizzero l’allenamento diventa casuale. Supponiamo che il RG sia 4’/km, il recupero deve essere corso a 4’40”, cioè 28″ ogni cento metri. In assenza di un allenatore esterno che valuti le velocità (visivamente o con opportune rilevazioni) e dia opportune indicazioni, pochi runner hanno la sensibilità di correre da soli una parte veloce a 4’/km e una lenta a 4’40″/km quando questi tratti sono molto brevi. Provate a scaldarvi bene e poi partite per il primo tratto: 400 m in 1’36” e 200 m in 56″. Sbagliare di 4″ sul 400 e di soli 2″ sui 200 vuol dire sbagliare di 10″/km: state eseguendo l’allenamento di un altro atleta!
    Una condizione al contorno che viene sottovalutata è il tempo della singola seduta. In fondo cosa ci vuole per un medio di 10 km? 40-45-50′ al massimo. Allenarsi in ristrettezza di tempo è controproducente sia per motivi fisici sia psicologici. La mancanza di tempo porta spesso a ridurre il riscaldamento e gli esercizi di allungamento e di mobilità che dovrebbero precedere ogni seduta, anche le più facili, aumentando la probabilità di infortunio (certezza mai smentita dagli studi di Safran, 1988) e riducendo sicuramente la resa dell’allenamento stesso. Probabilmente nessuno rinuncia alla doccia post-allenamento per mancanza di tempo, anche se, fisiologicamente parlando, sarebbe più opportuno non rinunciare al riscaldamento e andare al lavoro o tornare in famiglia senza aver fatto la doccia, tutti grondanti di sudore! Quindi, se fate la doccia anche per rispetto degli altri, non rinunciate al riscaldamento per rispetto del vostro corpo.
    Dal punto di vista psicologico è sicuramente molto stressante allenarsi con i minuti contati e lo stress alla lunga finisce con il pesare nettamente sul rendimento sportivo.
    Se vi manca il tempo, cambiate programma oppure cambiate distanza obbiettivo: distanze più corte richiedono sedute meno lunghe. È abbastanza illusorio pensare di essere preparati per una maratona correndo al massimo per un’ora.
    Una condizione al contorno particolarmente importante è il posizionamento dei giorni di riposo che tutti i programmi per amatori prevedono. Per esempio molti programmi piazzano la seduta più impegnativa la domenica con il sabato come giorno di riposo. Molti runner invece corrono sia il sabato sia la domenica. Altri invece il sabato non corrono e non riuscirebbero a utilizzare programmi che per esempio utilizzano il lunedì come giorno di riposo. La regola fondamentale è che il programma deve consentire gli allenamenti più impegnativi in condizioni di relativa freschezza. Non ha senso piazzare i due allenamenti più impegnativi nel week-end “perché si ha tempo” e due allenamenti blandi durante la settimana perché si ha al massimo un’ora di tempo. Meglio allenarsi solo tre volte alla settimana, dedicando una quarta (domenica) a un’attività alternativa di supporto (per esempio la palestra).
    Partiamo!

    Se quanto detto sopra è stato completamente recepito, dovrebbe essere immediato capire la regola per la definizione del proprio programma d’allenamento:
    scegliere UN solo programma di allenamento in base alla fattibilità dello stesso.

    La fattibilità è dunque l’elemento più importante. È inutile partire con un programma che già inizialmente si sa che presenterà problemi di fattibilità.

    La fattibilità deve riguardare:
    la quantità
    la qualità
    la grandezza di riferimento
    il recupero dalle sedute più impegnative
    il tempo dedicato alle singole sedute
    i percorsi e le strutture.

    Ricordatevi che un programma fattibile, oltre che migliorare le vostre prestazioni, sicuramente vi farà divertire, cosa che per l’amatore ha la stessa importanza che ha il sogno di una medaglia per il professionista.

    E dopo un buon allenamento, non rimane altro da fare che godersi un meritato riposo…

  • Foto del profilo di anthony Anthony ha detto 13 anni, 4 mesi fa:

    Ahaha alla faccia dell’articolo!! da dove lo hai pescato jack ?
    ..sempre meglio mettere la fonte 🙂